Paghetta ai bambini – darla o non darla?
Non capisco chi non dà ai suoi figli una paghetta. Noi lo abbiamo fatto fin da quando erano all’asilo perché pensiamo sia importantissimo per la loro maturazione e per la loro serenità.
Esagero? Considerate questi buoni motivi per riconoscere uno stipendio anche ai più piccoli:
- in una famiglia che funziona, tutti fanno la loro parte; attenzione… non aiutano: fanno la loro parte, ovviamente commisurata alle loro capacità, forza e inclinazioni
- fare la propria parte significa sentirsi fondamentali nell’organismo-famiglia (sicurezza, senso di protezione) e capire fin da giovanissimi il concetto di rispetto per la squadra (responsabilità)
- avere un budget – piccolo o grande, non importa – è fondamentale per imparare a ponderare i propri desideri e a gestire la frustrazione dell’attesa
- a una paghetta corrisponde la soddisfazione del riconoscimento del proprio lavoro: anche se il proprio lavoro è “solo” mettere le matite in un bicchiere (lo sancisce anche l’articolo 4 della nostra Costituzione!)
- a una paghetta corrisponde una piccola indipendenza; per contro alla dipendenza da un emolumento elargito senza scadenze e senza cifre su cui contare corrisponde sempre l’ansia, la paura di non farcela e che la rete di savezza venga a mancare
- grandi o piccoli, tutti vogliamo la dignità di poter contare su un fisso e su quello coltivare i nostri sogni: che si tratti di una moto, una borsa o un gelato non cambia niente
Trovo inoltre importantissimo che con la paghetta venga stipulato un accordo chiaro su quello che i bambini possono comprare in autonomia: sì slime, no caramelle, i libri sempre a carico dei genitori – per fare un esempio a caso (il nostro 😉 ).
Un nuovo modo di dare la paghetta ai bambini
Finora Mario ha preso una paghetta settimanale di 1.50€ per il suo contributo alla gestione della casa: apparecchiare, sparecchiare, vuotare la lavastoviglie quando glielo indico io. A volte non lo faceva anche per giorni perché eravamo noi grandi a farlo (per fretta, o per non stancarlo).
E mentre io pensavo che lui stesse facendo poco (e che la mia solerzia fosse poco educativa), lui pensava di voler guadagnare di più e mi proponeva altre mansioni da svolgere per poter avere un aumento.
Così è arrivato da me con l’idea più vecchia del mondo, quella di essere pagato a cottimo.
Mario ha proposto creare una tabella a punti da attaccare al frigo e dove segnare man mano i compiti svolti, compiti con una retribuzione stabilita di comune accordo: 20 centesimi a punto. Fare il letto, vuotare la lavastoviglie, apparecchiare, sparecchiare valgono un punto; riempire la lavastoviglie due punti; pulizie straordinarie due punti.
Alla lista delle mansioni già ampiamente testate ha aggiunto l’idea di spazzolare il gatto, che si chiama Ninja mica per scherzo: no guantoni da forno, no grooming! Nonostante l’eroicità del gesto, si è assegnato un solo punto…
Mario ha quindi trasformato il frigo “da piccoli”, coperto di stickers Lego, in un frigo “da grandi” con una lavagna adesiva su cui tenere tutti i conti.
Ha pulito, lavorando di gran lena…
Ha attaccato la lavagna adesiva…
Ha creato la tabella e l’aggiorna man mano che smarca un lavoro usando i pennarelli-gesso che si cancellano con una spugna bagnata…
Si vede già che lavorando così guadagna di più. Questo lo motiva e gli dà un senso di misura dei propri sforzi: confido che quando sarà grande aver imparato presto a dare valore al suo impegno lo aiuterà a contrattare con naturalezza le offerte di lavoro.
Lo dimostra il fatto che non ha ancora spazzolato Ninja 😉
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