#febbraiosenzasupermercato: come funziona e cosa ho imparato

Quanto si può resistere senza fare la spesa al supermercato abitando in una città dove i negozi stanno sparendo, cosa si impara del proprio quartiere (e della propria dispensa) tenendosi lontani dalla grande distribuzione?

Sciutto, Genova
Il mio salumiere di fiducia è Sciutto, a Genova

Non ho mai fatto mistero del fatto che amo – nel senso proprio di farfalle nello stomaco e battito accelerato – amo fare la spesa al mercato e nei negozi di quartiere, e che al supermercato ci vado solo per comprare carta igienica, tovaglioli, pasta, olio per friggere, bibite, yogurt, latte, uova, farina, burro, zucchero, cracker, biscotti, gallette, cioccolato, succhi di frutta, birra, bibite, patatine, sottaceti, detersivi, spugne, il riso soffiato per il cane…

Solo, eh?

In pratica compro frutta, verdura, salumi, formaggi, pane, vino, pesce e carne fuori dalla grande distribuzione, ma tutto il resto… va nel carrello.

arance di rocco
Ordino le nostre arance direttamente da un contadino siciliano: costano meno e arrivano appena colte!

Le ultime due settimane di questo mese però le ho impegnate in un’autosfida ispirata al movimento franco-svizzero #fevriersanssupermarché: campare 15 giorni senza mettere piede in un supermercato o in una catena specializzata (detersivi e prodotti per animali, ad esempio) per riscoprire le risorse che abbiamo intorno e sostenere i produttori diretti, le piccole aziende artigianali, le cooperative, quelli che gli americani chiamano “mom and pop store” (negozi di mamma e papà) e che ormai sono una rarità.

Sono partita pensando di essere facilitata: io che vado a far la spesa a piedi, con il cane e la mia sporta di paglia, io che il mercoledì mattina converso amabilmente con i proprietari dei banchi del mercatino Coldiretti – una santa subito a cui queste due settimane sarebbero volate via.

Poi è finito lo yogurt, e mi serviva la panna, e ci erano rimaste solo due pastiglie per la lavastoviglie, e mezzo etto di cioccolato fondente, e tre birre in frigo. E guardandomi attorno mi sono resa conto che la drogheria da cui sono sempre andata per comprare cioccolatini aveva appena chiuso; che l’alimentari vicino casa aveva la saracinesca mezza abbassata e più niente nel banco; che la merceria vicino la scuola l’aveva abbassata del tutto e mi serviva dell’elastico per mutande.

Tre negozi che ho frequentato poco, ma con piacere, chiusi per cessata attività.
Tre famiglie ora senza lavoro, dopo mesi (se non anni) di problemi economici.

negozi che chiudono

Al dodicesimo giorno di vita senza supermercato ho dovuto chinare il capo e varcare la soglia del comodissimo Ekom dietro casa perché non trovavo l’aceto, le olive, le Gocciole altrove, pur avendo preso la macchina tre volte per andare al mercato. E meno male che avevo ancora la carta igienica!

Quei 12 giorni mi sono serviti però per sbattermi di più a cercare a dare fiducia a quel che resta del piccolo commercio: ho scoperto la Virtus, un’azienda che fa solo yogurt e prescinsêua (la quagliata tipica del genovese) e che non ha distribuzione per cui devi andare da loro, e loro aprono il frigo e ti chiedono: “banana? Frutti di bosco? Albicocca?” (Se loro ci sono: al primo giro erano chiusi perché erano andati a trovare un parente)…

yogurt Virtus
Lo yogurt Virtus

Un banco al mercato dove questo signore ti racconta tutto sulle sue salsicce piacentine e come cucinarle (metà nel soffritto, poi pomodoro, l’altra metà per pochi minuti prima di servire, fatte a pezzetti); e ti dà pure della 38enne…

spesa al mercato piazza scio genova
Se andate in Piazza Scio, a Genova, fatevi servire da lui

Che il macellaio dietro l’Ekom dietro casa vende carne per cani a 5€ al chilo, e te la taglia lì davanti, perfettamente magra e fresca (all’Ekom la più economica è una trita di grasso misto, a 5,90€ al chilo)…

Che il verduraio di fiducia (il famoso signor Alessandro) ha anche delle uova che gli porta un giovane contadino piemontese grandi come arancini siciliani e buone come quelle che bevevi crude da bambina…

Arcobaleno della frutta genova nervi
Il mio fruttivendolo di fiducia, il Signor Alessandro, con le uova alle spalle

Che se vai da questa cooperativa agricola per pane e latte e li hanno finiti, ti regalano quello azimo per scusarsi; e se poi prendi le salsicce (notate un pattern nella mia lista della spesa?) ti regalano le rape da cuocerci insieme, e scopri che salsicce, rape e verza stufati nella birra sono il cibo degli dei.rape

#unterzodifebbraiosenzasupermercato è stato un esperimento privato e sociale molto interessante

Condividendolo su Instagram con altre persone pronte a mettersi alla prova nello stesso periodo siamo arrivate alla conclusione che quando si fa la spesa fuori dalla GDO:

  • si risparmia nel senso che si compra con più “intento”, ovvero solo cose che servono davvero e nella quantità necessaria per il breve termine, senza cadere nella tentazione di fare scorte che rischiano di finire nel dimenticatoio e quindi di essere sprecate
  • si risparmia nel senso che si evitano del tutto le “caccavelle” (per dirla alla napoletana): tutti quei prodotti che finiscono nel carrello solo perché ci attrae la confezione, perché la pubblicità ci ha creato un famigerato nuovo bisogno che non sapevamo di avere (ognuno è vittima dei suoi guilty pleasure: mio marito compra sempre patatine e popcorn, io stecche di cioccolato e farine di ogni tipo, per qualcun altro sarà lo shampoo o il gelato)
  • si spende di più sui prodotti industriali – commodity come pasta, latte, conserve, biscotti che al supermercato beneficiano dell’economia di scala – ma spesso meno su quelli freschi e deperibili come frutta e verdura, carne e pesce
  • si mangiano cose più buone: è tutto cominciato perché ho comprato una ricotta artigianale siciliana in gesto di sostegno ai pastori sardi (quella ho trovato, e comunque funziona anche così: l’importante è tenere vivo questo tipo di mercato) e ne ho tessuto le lodi su Instagram – non ci sono paragoni con una ricotta industriale
  • si crea molta meno spazzatura: quattro mele al supermercato vengono in una vaschetta di polistirolo, dal fruttivendolo in un sacchetto di carta (e se ci vai con una bella sporta capiente in cui mettere tutto – mele, carote, broccoli e cipolle – neanche quello)
  • si instaurano bellissimi rapporti con i negozianti e i fornitori, che consigliano, tengono da parte, scontano, omaggiano
  • si partecipa di più alla vita della propria comunità, non solo perché la si sostiene economicamente, ma perché quando si va nei negozi si conoscono le persone del proprio quartiere e da cosa nasce cosa (noi ad esempio stiamo facendo lobbying al municipio per avere un’area chiusa per far giocare liberi i cani)
  • si attiva lo spirito di iniziativa e si scoprono risorse che non sapevamo di avere a portata di mano, o di click: il bravo macellaio, il gruppo di acquisto solidale (come bellissimo il ReKo di Reggio Emilia che mi ha segnalato una lettrice, o la rete dell’Alveare che dice sì), il produttore che fa vendita diretta consegnando a domicilio
  • si consumano le scorte (finalmente!): quando il venerdì sera ti ritrovi con Il Signore degli Anelli nel DVD e zero patatine in dispensa, prendi quel pacco di mais comprato chissà quando per averlo in caso di Armageddon e ti fai il popcorn in padella – buono, caldo, burroso e salato come piace a te, a un decimo del prezzo di quello confezionato
  • si fa quel che si può: fare la spesa in questo modo è un lusso in quanto bisogna vivere in un contesto che ancora te lo permette (se abitassi nel centro di Genova, probabilmente andrei al supermercato una volta ogni sei mesi) e avere degli orari di lavoro compatibili con quelli dei negozi (quelli io almeno li ho, perché lavoro da casa); in questi casi funzionano molto bene i G.A.S., gli shop e i produttori diretti che vendono on-line, e piattaforme di co-farming come YouFarmer
borsa di paglia
La mia sporta di paglia per fare la spesa: leggera, capiente, ideale per frutta e verdura perché, essendo, rigida, non si schiacciano. Ha sostituito migliaia di sacchetti di plastica in pochi anni!

Ci sono insomma molti lati positivi nel far lavorare insieme piccolo commercio e grande distribuzione.
Quello che mi resta di questo esperimento temporaneo è l’impegno genuino a continuare ad ampliare i miei orizzonti e a dare sempre più chance a prodotti e produttori indipendenti.

Voi che scenario avete intorno? Abitate in un posto dove esiste ancora un tessuto sociale di commercianti? Fate mai acquisti da cooperative, contadini, allevatori?verdura verde

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Il mio #febbraiosenzasupermercato fa parte del progetto #mangiozerowaste che:

  • coinvolge una ventina di blogger attente a ecologia e alimentazione
  • nasce per dare nuovi spunti e informazioni utili ad essere più attenti e ridurre al minimo – se non eliminare – scarti alimentari e plastica
  • puoi seguire su Instagram e da lì sui singoli blog

Questi sono alcuni dei contributi a tema, a cui spero parteciperai diffondendo i tuoi consigli attraverso l’hashtag #mangiozerowaste:

Stella Bellomo, la creatrice di questo bellissimo progetto: Parte il progetto social #mangiozerowaste

Chiara di Chiharubatolecrostate, sempre sul lancio del progetto social #mangiozerowaste

Lucia di La Balena Volante sulla sua esperienza Mangio zero waste

Cristina di Good Food Lab sui suggerimenti di base per ridurre la plastica che ruota intorno al cibo

Vanessa di Vanessa Chef sulla lunch box preparata per sua figlia

Denise di Very Normal Fit Mama su come implementarele nuove scelte di vita green

Sara di Per amore – Cibo in viaggio su come fare la granola in casa

mangio zero waste

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