Indice
- 1° cosa bella – ho due nuovi lavori
- 2° cosa bella – prendere e dare in adozione piante
- 3° cosa bella – perdere gli occhiali, quando viene sera
- 4° cosa bella – un biglietto di ringraziamento (di mele e gentiluomini)
- Una cosa anche no – quelli che ci dobbiamo estinguereeeee
- Una cosa anche meno – crazy plant lady
1° cosa bella – ho due nuovi lavori

Dopo 18 anni di lavoro da casa (leggi: in pigiama & ciabatte), escluse le saltuarie riunioni di redazione a Milano (leggi: in Max Mara e stivali), inizio una collaborazione in un ufficio vero (leggi: in jeans e sneaker).
Sono la nuova copy writer di una delle aziende italiane più note al mondo, e mi aspettano mesi molto stimolanti in cui dovrò scrivere DI TUTTO, a cominciare dalle pubblicità che vedrete in tv già a Natale (se le invento bene) .
Lavorando direttamente per l’ufficio marketing imparerò moltissimo, e questa è la cosa che mi attira di più: una nuova sfida all’interno di un settore che devo ancora scoprire (lo so che vi state chiedendo se lavoro per la Spectre, visto che non rivelo il nome del mio boss; ma non lo rivelo perché ho firmato un contratto di quelli che se parlo poi mi devono uccidere. No, scherzo: è Costa Crociere).
Sono veramente eccitata dalla prospettiva di avere un team con cui scambiare idee in salette-bunker e alle macchinette del caffè, invece che con il gatto davanti a una lavatrice da stendere. E di poter comunque alternare ufficio e casa per mantenere quei ritmi elastici che mi hanno permesso di essere sempre presente all’uscita dei miei figli da scuola e di portare fuori il cane quando la testa mi bolle.
Perché è da casa che continuo e anzi incremento il mio lavoro di blogger: con le mie amiche e colleghe Raffaella Caso di Baby Green e Barbara Damiano di Mamma Felice abbiamo creato Professione Blogger: un hub di supporto ai professionisti (o aspiranti tali) della creazione di contenuti digitali, e contemporaneamente la nostra squadra al servizio di aziende serie, e per serie intendo quelle in grado di apprezzare la differenza tra influencer improvvisati (leggi: da naïf a fraudolenti, con tutto quello che ci sta in mezzo) e esperti (leggi: che non barano sui numeri, sanno scrivere in modo corretto e dare informazioni utili e verificate).
E volete sapere una cosa buffa?
Cakemania è nato il 30 settembre.
Ho cominciato a lavorare per La Grande Azienda il 26 settembre.
Professione blogger è andato ufficialmente online l’1 ottobre.
Sembra che questo sia il periodo migliore dell’anno per buttarsi in nuove imprese 🙂
2° cosa bella – prendere e dare in adozione piante

Sono felicissima perché ho ricevuto molte piante in regalo attraverso delle belle amicizie nate su Instagram.
Sì, le nuove amicizie sono più importanti dei regali, ma lasciatemi saltellare di gioia attorno agli aloe, ai sempervivum, ai pothos che mi ha portato Maria Teresa (perché è una propagatrice folle); agli avocado e ai lillà che mi ha devoluto Francesca (perché le facevo pena con i miei fallimenti botanici sugli avocado); al pitosforo, l’acacia, l’avocado spilungone e il ribes che Lucia mi ha dato in adozione (perché cambia casa).

Ci sono stati degli scambi (torte, altre piante, pannolini lavabili e vestiti per bambini), ma il bello è proprio lo spargere verde dove si può con talee, polloni e semi: c’è tanto bisogno di aria pulita e di bellezza!
A tutte le persone convinte di avere il pollice verso invece che verde voglio dire questo: mettersi in casa il primo vasetto da accudire può essere l’inizio di una splendida amicizia che darà meravigliosi frutti, per sempre.
3° cosa bella – perdere gli occhiali, quando viene sera

Diceva Terence quando recitava Romeo: “Solo chi non ha conosciuto il dolore può ridere di chi soffre” (traduzione kid-friendly dell’originale e ben più sanguigno “he jests at scars that never felt a wound”: “prende per il culo le cicatrici chi non ha mai subito una ferita da taglio”).
Infatti so che capirà il mio sconforto solo chi tra voi porta gli occhiali.

“Dove sono i miei occhiali”.
Senza neanche un punto interrogativo.
Ce lo diciamo tutti noi ciecati almeno una volta al giorno, tutti i giorni.
Perché solo con noi stessi ce la dobbiamo prendere se non rispettiamo il comando che ci siamo dati tanto tempo fa di andare a riporli sempre nello stesso posto – anche se dobbiamo fare le scale, anche se siamo già a letto, anche se ce li siamo dimenticati in macchina e bisogna uscire in ciabatte per recuperarli. È in quel posto che dobbiamo metterli, sennò non li ritroviamo.
Soprattutto se sono quelle montature svizzere leggere e invisibili che costano come un motorino e che ti servono subito per sopravvivere: guidare, guardare la televisione, vedere dove è scappato il tuo cane.
Perdere gli occhiali, quando viene sera, e non ritrovarli ancora per tutto il giorno dopo.
E poi tuo figlio – quello che ancora ci vede – li scorge in trasparenza sopra un mobile dove proprio non dovevano stare, subito dopo che tuo marito ti ha chiesto se non puoi proprio farne a meno fino a gennaio, perché l’assicurazione non ne copre un secondo paio all’anno, ché poi ecco, francamente toccava a lui nel 2020 rifarsi le lenti.
Perdere gli occhiali, quando viene sera, e ritrovarli il giorno dopo.

Solo chi ha conosciuto il dolore può capire quanto si gode.
4° cosa bella – un biglietto di ringraziamento (di mele e gentiluomini)

Ho ricevuto un biglietto da un 21enne americano, per ringraziarmi di averlo ospitato una notte mentre faceva l’Interrail in Europa, dopo un semestre in Spagna, prima di tornare a casa.
Patrick è figlio di un vecchio amico, Steve Hurley che, pur avendo solo un anno più di me, era il mio capo quando nell’estate del 1989 abbiamo lavorato insieme a Cape Cod, Massachusetts, per far passare una legge contro l’inquinamento da rifiuti (ci siamo riusciti).
Gli Hurley sono forse la famiglia che più stimo al mondo: unitissima, sempre coinvolta in cause civili e ambientali in prima linea, gente che si prende le ferie per marciare contro Trump, per fare campagna per Obama (e ora per Elizabeth Warren), per raccogliere fondi per i concittadini sotto la soglia di povertà, per pulire la scuola, e via dicendo.
Tutto ragionando, informandosi, esponendo se stessi e il proprio punto di vista con educazione e apertura al dibattito, mai denigrando chi non è d’accordo con loro, sempre ponendo domande vere, mai retoriche.
Quando non ho ancora un’opinione su qualcosa e poco tempo per farmela, adotto sempre la loro e so di cascare in piedi.
Con tutta questa stima, sono rimasta lo stesso sorpresa quando ho ricevuto il biglietto di Patrick, che è un ragazzo introverso e un nativo digitale.
Il suo è un gesto da gentiluomo di altri tempi: solo che in altri tempi queste cose si facevano per formalità, mentre so che lui lo ha fatto per contenuto. Mi ha proprio scaldato il cuore e confermato che ho ragione ad aver fiducia nei giovani nonostante le pervasive lamentele da tastiera di tanti benpensanti.
Come dice un proverbio americano, la mela non cade mai lontano dall’albero.
Una cosa anche no – quelli che ci dobbiamo estinguereeeee

Settembre è stato il mese degli altri due scioperi internazionali per il clima, e quindi il mese in cui la gggente si è divisa tra chi allo sciopero ha partecipato (ad esempio la sottoscritta) con il corpo o con la mente, chi ha riso di chi ha partecipato dandogli dell’ipocrita e chi si è indinniato per gli uni e per gli altri.
Sì, indinniato, da “indinniarsi”: è un verbo parente di “indignarsi” che si applica a quelle persone che condividono post sui social scegliendo solo quelli con titoli sensazionalistici come “La verità su XXX”, “Non ce lo vogliono direeee”, “Facebook l’ha censurato, fatelo girareeee”, di solito senza nemmeno aprire il link.
Punta di diamante della categoria “chi non sa, insegna”, gli indinniati sono sempre incazzati; a riposo sono come minimo costernati, in ogni caso affaticati perché vivere 24/7 su quell’alto scranno, con addosso quello spesso mantello da giudice della Corte Suprema, a battere quel martello più pesate di quello di Thor… beh, è proprio una vita da martiri civili.
Infatti noialtri dobbiamo essergli tanto grati per la loro abnegazione: perché se non ci pensassero loro ad avvertirci di tutti gombloddiiii che non ci vogliono direeee, se non ci fossero loro a fare da faro a questa società che non ha più rispetto di niente, noialtri ciechi e ottusi come faremmo ad aprire gli occhi e ad attivarci per migliorare la situazione?
Davvero dobbiamo ringraziare il cielo per averci mandato gli indinniati, i vigili urbani che ci dirigono con un braccio teso di qua o di là verso la crociata dell’ultima ora: sapevate ad esempio che “il film della Ferragni ha battuto al botteghino quello di Tarantino, lo capite perché ci dobbiamo estinguereeeee?????11!!”?
Veramente, hanno ragione: ci dobbiamo estinguere.
Solo che ci sarebbe un imbottigliamento se lo facessimo tutti insieme. Da bravi vigili, invito tutti gli indinniati che non fanno niente altro che pestare e schiumare sulla loro tastiera ad andare avanti e a darci, ancora una volta, il buon esempio.
Una cosa anche meno – crazy plant lady

Su internet non ci sono solo le amicizie nate su Instagram e gli indinniati: c’è anche tanta pornografia.
Il mio genere preferito in questo periodo sono i video delle accumulatrici seriali di piante, che guardo mentre annaffiano con il tubo di gomma DENTRO CASA le centiniaia di vasi che ricoprono le loro pareti e i loro pavimenti. È un piacere così perverso che credo dovrei andare a confessarlo a un prete.
Vi ricordate Andie McDowell che in Green card – matrimonio di convenienza sposa Gerard Depardieu perché solo da maritata può affittare un appartamento a New York perfetto per le sue felci? E che appartamento meraviglioso si accatta?
Ecco, elevate tutto il concept all’ennesima potenza e avrete una pletora di “piantare is the new gattare”.
Prendete Summer Rayne Oakes, che vive a Brooklyn con un migliaio di piante e una gallina, e che viene intervistata dal New Yorker, Vice, GQ perché… beh perché è matta forte.
O Planterina, o Crazy Plant Lady, moderne Miss Havisham* che parlano con le foglie facendo le vocine da bambina.
Perché le guardo? Perché mi piace vedere tutto quel verde, perché fantastico di declutterare tutta la mia casa dagli oggetti per poi riempirla di cose vive: pothos, ficus, sanseverie, orchidee.
Dubito però che arriverò a togliere ogni quadro per devolvere i muri del salotto all’edera. Farò anche meno, insomma.
*Miss Havisham è la signora pazza che in “Grandi speranze”, di Charles Dickens, vive barricata nella sua magione congelata al giorno delle sue nozze, mai avvenute perché il fidanzato l’aveva abbandonata all’altare.