Top 5 del mese: 4 cose belle e una anche no – agosto 2017

Otto anni, e già nichilista. Meno male che attraverso Instagram posso dimostrargli che (anche se forse niente ha senso) nel mondo ci sono tanta bellezza e tanto amore...

Indice

1° cosa bella – siamo nichilisti Lebowski. Non crediamo in niente, Lebowski

nichilisti lebowski

Dialoghi da un seggiolino fissato sul sedile posteriore:

– Mamma, perché esiste il mondo?
– C’è stata un’esplosione e…
– No: PERCHÉ c’è stato il big bang?
– Questo ancora non lo sappiamo scientificamente, è per quello che servono le religioni: da sempre, finché non c’è una spiegazione provata, si dice “è stato un dio”. In ogni caso ci stanno arrivando, alla spiegazione: al CERN, in Svizzera, è già stata ricreata la cosiddetta “particella di Dio”, quella che ha dato inizio a tutto.
– Quindi forse è solo successo?
– Sì, ma secondo una legge fisica, che stanno studiando.
– Allora il mondo è inutile. Niente ha senso!
– Beh, il suo scopo potrebbe semplicemente essere la sua vita…
– Niente ha senso. È tutto inutile. Il mondo è inutile.

2° cosa bella – sarà un mondo senza senso, però è a portata di mano di tutti

cakemania instagram

È successa una cosa bellissima questo mese: una mia foto è stata selezionata da Instagram “in persona” come tra le migliori di #whpinthekitchen (il “weekend hashtag project” dedicato alla cucina).
La foto è stata condivisa sul profilo ufficiale di Instagram e quindi a un pubblico potenziale di 225 milioni di persone!

Per il profilo di CakemaniaItalia (ma mi seguite?? È dove cazzeggio e mi diverto di più!) ha significato un incremento istantaneo di follower e, cosa moooolto più interessante, entrare in contatto con persone lontane con cui sono iniziate delle bellissime conversazioni.

Una in particolare: Deepali è una donna bengalese che si è detta toccata dal fatto che stessi mostrando in quella foto una storia di famiglia e parlassi di mia nonna.
Le ho chiesto allora se anche lei avesse qualcosa di sua nonna che le era particolarmente caro.

Così mi è arrivato un messaggio privato con la foto di una parure di gioielli, indossati da sua nonna il giorno del suo matrimonio, quando aveva 14 anni.

Da allora non ci siamo più fermate: ogni giorno entro in casa di Deepali attraverso i video e le foto che fa per me, mostrandomi i frutti del suo giardino (mango, guava, banane, cocco) e spiegandomi i loro nomi in sanscrito e come mangiarli (o darli agli uccelli).

Conosco i suoi cani e suo figlio, che passa la settimana in collegio e la raggiunge solo nei weekend (se la scuola glielo concede).

Io mi eccito oltremodo per la giungla che ha fuori dalla finestra (“Sono scimmie quelle che sento??” “No, uccellini!”), lei mi chiede se via Margutta esiste davvero perché ha sognato che Gregory Peck versione Vacanze Romane le chiedeva un bicchiere d’acqua.

Deepali è curiosa, coltissima e affascinata dalla cultura italiana e generosa nello spiegarmi la sua.
Vengo chiamata “my dear friend” ad ogni messaggio pieno di punti esclamativi, per ricordarmi che noi europei siamo forse inutilmente molto più riservati dei socievolissimi indiani (seguite anche voi Deepali per fare una prova)

guava frutto
Frutti dell’albero di guava dal giardino di Deepali

E per ricordarmi che il mondo è bello perché è vario, e che Instagram potrebbe essere l’occasione migliore per imparare a conoscerci.

3° – Le conseguenze delle susine

vestito Xiwikj
In un mondo in cui va tutto storto, i nichilisti fotografano la mamma così (vestito Xiwikj)

Il giorno che ho cominciato a chattare con Deepali indossavo un vestito appena comprato in un negozio di stoffe di Sarzana, che è già tra i miei preferiti di sempre: il cotone leggerissimo è indiano, stampato a mano con blocchi di legno secondo la più antica tecnica di decorazione.
Così le ho mandato una foto e lei ha subito notato che tra i fiori e i draghi compare il logo “Xiwikj”.

E mi ha spiegato che deve essere il nome del proprietario (Vikky, nome comune tra i maschi Marwari del Rajastan) mixato con quello della macchina da cucire. E poi mi ha raccontato che a Roma c’era la boutique di Sonali Dasgupta, una delle mogli di Rossellini, signora molto elegante e artistica che si era presa cura delle figlie di Ingrid Bergman dopo la sua morte.

Ma torniamo al vestito: ho subito fatto delle ricerche e ho scoperto che Xiwikj è un’azienda italo-indiana. Hanno un negozio a Verona; i modelli disegnati dalla proprietaria italiana vengono realizzati – senza sfruttare il lavoro delle persone – a Sanganer, città famosa per i suoi tessuti e per la carta fatta a mano.

trapunta xiwikj
Trapunta Xiwikj

Fanno trapunte, borse, abiti, cuscini e vendono a metraggio. Ho mandato subito mia nuora (che ha tanti pregi, fra cui quello di essere veronese) a comprarmi un altro vestito e una camicetta.

Le cose che scopro solo per aver postato la foto delle susine di mia nonna!

4° cosa bella – la galette è la crostata jazz

crostata pesche

La galette è la crostata più facile, veloce e versatile del mondo.

È la torta perfetta per l’estate, quando dopo il bagno in mare o la camminata in montagna hai bisogno di un comfort food semplice e rassicurante.

galette di more crostata

Poco forno, e ancora meno tempo per prepararla, niente riposo in frigo: non dovendo tenere una forma si fa una frolla che deve a mala pena stare insieme, ma che può essere arricchita con fiocchi d’avena, mandorle, pistacchi o noci tritate, semi di papavero o di sesamo, uovo sì oppure no, fatta con qualsiasi tipo di farina.

Al centro si butta della frutta, dalle mele alle susine va tutta bene, magari aromatizzata con vaniglia, anice, peperoncino e cannella, zenzero o scorze di agrumi, giusto mescolata con dell’amido di mais (e zucchero) perché questo assorba i succhi che usciranno in cottura.

galette di mele

La galette è improvvisazione e mood. È come ti viene sul momento, è jazz.

Una cosa che anche no – i giga in vacanza non bastano mai

peaky blinders

Sono in vacanza nella nostra casa al mare, dove la connessione è costituita da un cubo della 3 con una lucina sempre rossa che serve solo al gatto per darci delle zampate sopra.
Non sarebbe così male essere costretti a non essere on line 24/4 (già la vacanza si fa in casa, con spesa-lavatrici-aspirapolvere-lavastoviglie da smazzare ogni giorno: se dovessi avere un vero accesso al computer #ciaocore).

Peccato che esiste Peaky Blinders su Netflix.

Con il cubo 3 ero riuscita ad arrivare (con le unghie e con i denti, a forza di scene pixelate che neanche Donkey Kong edizione 1985) a metà della quinta puntata della prima stagione, quando Tommy Shelby e Grace Senzacognome stanno finalmente per darsi un limone EPICO contro la vetrinetta del pub… quando la connessione mi ha detto #ciaocore e se n’è andata a fare lavatrici.
Tante lavatrici, anche le trapunte dei vicini, perché non è più tornata.

tommy shelby grace
E DAGLIELO, ‘STO LIMONE!!!

E allora ho detto “fuck it” con accento di Birmingham (chi è team Shelby capirà), ho preso il telefono, l’ho messo sul 4G e finito di guardare la puntata. E poi altre due.

Poi mi sono ricordata di un’amica di un’amica che trovandosi spiaggiata per mal tempo durante una vacanza che doveva essere bellissima (se ricordo bene una crociera in barca a vela in Costa Azzurra), per consolarsi si è accocolata in cabina a guardare film sul cellulare per due giorni.
In roaming.
E le è arrivato un conto di 13.000 euro.

Ho fatto due calcoli e ho pensato che per quella cifra al CERN, in Svizzera, mi saprebbero costruire una macchina del tempo per andare al pub The Garrison di Birmingham nel 1919 e pigiare insieme le teste di Tommy e Grace, così si danno ‘sto limone e io posso finalmente stendere le mie lavatrici, o farmi una galette.

E ho messo giù il telefono.