Indice
- 1° cosa bella – lo spettacolo di Pietro
- 2° cosa bella – quando c’è la salute
- 3° cosa bella – la doppia coperta
- 4° – la musica post-coitale
- Una cosa che anche no – splendido splendente
1° cosa bella – lo spettacolo di Pietro
Bignami veloce per chi è nuovo di questa rubrica: nostro figlio Pietro fa il comico, ha iniziato a 18 anni con uno stage di Zelig, ora ha 21 anni.
Fra tutte le arti performative credo che quella dello stand-up sia la più brutale, perché non ci sono filtri protettivi tra il giudizio del pubblico (che reagisce in maniera del tutto istintiva e immediata) e chi ha scritto ed espone il suo materiale.
Nessuno si diverte per forza, insomma, quindi ogni volta che sali sul palco rischi di prendere dei metaforici pomodori in faccia: il tuo pezzo può essere iper-testato, può avere avuto un successo strepitoso in 999 club, essere un “Netflix special”, ma arriva il posto dove il pubblico non è nel mood o non è dell’età o della cultura giusta, e il tuo spettacolo “prende un liscio”. E ovviamente l’offesa è personale, e bisogna saper affrontare e superare questo tipo di fallimento.
Ci vuole un coraggio da leoni a mettersi davanti a degli sconosciuti che ti guardano e ti dicono “a’ comico, facce ride”: e questo è quello che più stimo in mio figlio, dopo il fatto che fa schiantare dalle risate ogni volta che apre bocca.
La cosa bella di questo mese è che dopo tre anni di “pezzi”, ovvero di performance di 10 minuti (nell’ambiente ci sono dei format precisi: 5, 10, 20, 60 minuti), Pietro ha debuttato con il suo primo spettacolo, ovvero un monologo di un’ora preceduto dall’apertura di un collega.
In un teatrino gremito di amici e cultori del suo genere di comicità, tra gli applausi a scena aperta mi sono guardata attorno per vedere gente che sussultava e si asciugava le lacrime, il barista rovesciato sul bancone che si teneva la pancia con un braccio e la testa con l’altra. Fuori, un corteo di complimenti, tra cui un ragazzo che ho sentito dirgli: “Mi fa male la testa da quanto ho riso”.
Noi genitori abbiamo rubato di soppiatto la locandina da una teca (aperta à la McGiver con una forcina, una calamita e un tappo di yogurt) e abbiamo lasciato lì Pietro, circondato da claque e fan, a godersi il meritato successo.
Quando siamo arrivati a casa, ci siamo fatti un bicchierino e siamo andati a letto felici e leggeri: abbiamo toccato con mano che anche questo figlio, come il suo fratello maggiore, potrà campare di quello che ama fare.
Che soddisfazione. Che sollievo. La cosa più bella di tutto l’anno.
2° cosa bella – quando c’è la salute
Questi sono i “Lagaccio”. Sono una specialità genovese, e fuori regione vengono chiamati “biscotti della salute” e serviti con il tè in ospedale (almeno, questa è la mia esperienza personale).
Leggerissimi e consolatori, sono una di quelle cose che dovremmo avere tutti in casa per quando abbiamo mal di pancia. Gli anziani liguri fanno colazione solo con questi, e ammetto che ultimamente ne faccio fuori a pacchi (d’altra parte ho compiuto 50 anni!).
Comunque, i biscotti della salute sono un pretesto per fare delle considerazioni da fine anno, fine decennio, primo cinquantennio.
Guardandomi indietro e intorno, ho di che essere grata: a parte un dolore cronico che ho al fianco, considerata l’età sono messa bene.
Mio marito, i miei figli, mia nuora e mio nipote sono in salute.
A mio padre quando hanno diagnosticato il cancro quattro anni e mezzo fa avevano detto che poteva campare ancora cinque anni, e invece è stabile dal 2015 grazie alle nuove cure sperimentali: scia, va in barca, pilota l’elicottero. Sembra la pubblicità di un assorbente degli anni ‘80.
Mia sorella aspetta una bambina, dopo un cancro al seno che l’ha messa in sterilità forzata per anni. Mia cugina pure è finalmente incinta, dopo aver fatto l’inseminazione assistita: i loro figli nasceranno negli stessi giorni – e io mi sono portata avanti…
Al compagno di mia madre ho dato l’estremo saluto tre volte quest’anno, e ora va a togliere le erbacce all’orto e a cena con gli amici. Un giorno sì e l’altro no ha la dialisi, e i suoi medici non si capacitano di trovarselo ancora tra i piedi.
Una mia amica ha subito una mastectomia, aveva anche lei un cancro al seno scoperto con un esame di routine annuale. Ci sarà poi un intervento estetico e quest’estate, in bikini, ci farà mangiare la sabbia a tutte.
Può andare bene e può andare male, come all’amica che ha perduto il marito e ha passato il primo, terribile Natale senza di lui.
In questo periodo penso molto a quanto valga il detto “quando c’è la salute c’è tutto”: è un bell’esercizio di umiltà, di gratitudine, di prospettiva.
3° cosa bella – la doppia coperta
A Mosca portano la neve dalla campagna per imbiancare la Piazza Rossa, ma per quanto questo inverno sia orrendamente mite, quando un fulmine ci ha fatto saltare la caldaia e siamo rimasti senza riscaldamento e acqua calda per 14 giorni la mancanza di queste comodità di base si è fatta sentire (di nuovo: grande gratitudine che possiamo averle di default).
Abbiamo sopperito con docce dai vicini (grazie, Flavia), stufette elettriche, fornelli sempre accesi in cucina e doppie coperte.
E volevo dirvi questo: ritrovate il piacere della “coltre”, della pesantezza che vi schiaccia un po’ quando siete a letto.
Quella pesantezza fisica ha un’azione psicologica calmante e protettiva acclarata, tanto che qualcuno si è inventato la “coperta pesante” a beneficio di persone e animali ansiosi.
Senza stare a spendere dei soldi, riesumate le coltri di lana infeltrita della nonna, e provate a sostituirle al piumino super-leggero. Oppure a spegnere il riscaldamento in camera e mettercele sopra. Provate la gioia della doppia coperta.
4° – la musica post-coitale
Ho scoperto i “Cigarettes after sex”, come sempre in ritardo sul resto del mondo, ma se anche voi non siete particolarmente aggiornati, vi suggerisco di ascoltare questa:
E questa.
Non è una donna che canta nuda tra le lenzuola stropicciate, la sigaretta in mano e i capelli spettinati: è un tizio barbuto, vestito di nero, in piedi, con la chitarra. Incredibile, vero?
“Greg’s voice hits your brain like expensive whiskey” – la voce di Greg ti colpisce al cervello come un whisky di lusso, ha commentato un fan: la trovo la descrizione migliore che abbia mai sentito per spiegare l’effetto sensoriale, perfino sensuale, che può fare una canzone.
Una cosa che anche no – splendido splendente
Siamo in montagna.
Mio marito: “Il giorno che ci si rompe la lavastoviglie, compriamo questa qui: hai visto come escono lucidi piatti e bicchieri? Ce li sogniamo, con la nostra!”
Due giorni dopo.
Mio fratello: “Sasha, non c’è detersivo per la lavastoviglie.”
Io: “Guarda sotto il lavandino, ci sono delle pastiglie.”
Fratello: “Ma… questo è un trattamento anticalcare”.
[Googoliamo forsennatamente: il Calgon è solo un protettivo per lavatrici; osserviamo il disegno sulla carta che lo avvolge: è un oblò di lavatrice]
Io: “Sai quando ti sei esaltato per la brillantezza delle stoviglie? Stavamo usando un anticalcare di quelli per pulire la lavatrice una volta all’anno, invece di un detersivo per piatti!”
Marito: “Meno male, non dobbiamo comprare una Miele… abbiamo già risparmiato un sacco di soldi!”