Top 5 del mese – le 5 cose di marzo 2021

Ho imparato molte cose questo mese: a usare le mani, a tenere il guinzaglio, a chiudere gli occhi e a non vedere anche quello che vorrei vedere.

Indice

1° cosa – l’occhio della madre

“E comunque una mamma vede cose che un papà non vedrà MAI”.

Stava incazzatella la signora che passava dall’altro lato della strada e che ho sentito dire questa frase mentre camminava spedita con un’amica. Che tono acido, ho pensato.

E ho pensato contemporaneamente che fosse un’affermazione sessista e matriarcale e falsa nella teoria; e vera nella pratica.

Mi è venuto in mente un giorno di cinque anni fa, esatti: eravamo a Londra e dovevamo andare a Legoland. L’intero viaggio ruotava attorno a questo evento speciale per Mario, che aveva sette anni, ed era nel pieno della più gloriosa e ossessiva Lego-mania.

L’ectoplasmica espressione di mario alla vista del suo primo Lego Shop

Sul binario del treno ho avuto una pensata generosa: perché non ci vanno solo padre e figlio, per passarsi una giornata speciale tra di loro, da ricordare per sempre? Mario allora era molto “di mamma”: avevamo una relazione molto tattile, con baci dati ogni volta che ci passavamo accanto. Poteva essere l’occasione per creare una complicità in più con suo padre. Santa subito, questa madre martire e crocefissa, che pensa queste cose!

Certa che il mio bambino avrebbe detto di no, che ci volesse anche me, a Legoland, a vederlo nel giorno più atteso e più felice della sua vita, io l’ho detto: “Vuoi mica andare solo con papà, così vi fate una giornata speciale solo voi due?”.

E Mario: “sì”.

Semplicemente sì.

Sta scherzando.

“Sicuro sicuro? Non è che poi ti manca la mamma? Che papà non sa comprati da mangiare? Stare attento che non ti bagni nel percorso dei pirati che schizzano? Ricordarsi di chiederti se devi andare in bagno prima di riprendere il treno?”

“No, mamma, vado con papà”.

E così sono rimasta lì alla pensilina, guardando con la mascella a terra l’aria un po’ incredula di mio marito e quella serafica di Mario attraverso i finestrini del treno che si allontanava.

Mi sono fatta un GRAN pianto in mezzo agli inglesi imbarazzati per la mia terronaggine: non potevo vedere il giorno più atteso e più felice della vita del mio bambino.

Ho passato due ore e mezza qui. Ho fatto la foto.

Per tirarmi su mi sono pianificata quelle cose che non faccio mai serenamente a Londra perché non interessano alla famiglia: ho passato due ore e mezza da Mark and Spencer’s a provare reggiseni e costumi (penso che il negozio di Kensigton sia il più fornito al mondo), sono andata su King’s Road in un negozio dove i reggiseni li fanno su misura (sì, vabbè, io ho un problema: non ho ancora trovato quello giusto per me), ho pranzato da Wagamama, sono andata alla Saatchi Gallery ma c’era troppa coda, sono andata al Design Museum e lì mi sono fatta un altro pianto, anche se meno plateale, perché vedere le cose belle da soli è unammmerda, come capì quel tipo che morì di diarrea in un autobus abbandonato in mezzo agli orsi.

La giornata non mi finiva mai.

Finalmente sono tornati: affamati, stanchi e bagnati dai pirati (lo sapevo!), e soprattutto felici.

Si guardavano con gli occhi luccicanti e si scambiavano segreti, cose che la mamma non poteva capire e non doveva sapere. Se la sono goduta così tanto che non hanno fatto foto.

Del giorno più atteso e più felice della vita del mio bambino ho visto solo la sua faccia quando quel giorno era finito.

E comunque questo papà ha visto cose che questa mamma non vedrà mai”.

Mi dispiace per me, ma sono molto contenta per lui. Perché proprio da quel giorno la massa critica delle coccole che Mario elargiva si è divisa più equamente.

2° cosa – l’occhio del figlio

Quello che non mi sono mai persa sono le prime volte che Mario ha visto delle cose belle in televisione.

Pingu.

The Lego Movie.

Guerre Stellari.

Harry Potter.

Il Signore degli Anelli.

Il grande Lebowski.

Una notte da leoni.

Jackass.

Seinfeld.

30 Rock.

Boris.

Lo osservo mentre guarda con gli occhi spalancati il Millennium Falcon entrare nella Morte Nera, mentre ride sguaiatamente quando Steve-O sniffa il wasabi, mentre scopre la genialità dell’F4 degli sceneggiatori degli Occhi del Cuore 2.

Gli faccio anche le foto, foto al buio dove si vedono dei gran denti felici uscire da una gran bocca aperta per la sorpresa.

Jackass, la scena del wasabi

3° cosa –er ciotolone

“Er ciotolone” si pronuncia come Antonello Venditti dice “er cupoloneeeee”.

Vi parlo ancora di pane fatto in casa (#smettoquandovoglio), perché ho svoltato davvero.

Cor ciotolone.

Non sono una luddista, anzi: alla gente che dice “abbiamo sempre fatto così” vorrei far fare una semplice tonsillite senza antibiotici, come si faceva quando si stava meglio quando si stava peggio (e si moriva per un mal di gola).

Però devo ammettere che ora che l’ho provato, il migliore attrezzo che ho in cucina per impastare sono le mie mani. Potete vedermi all’opera qui:

La planetaria con il gancio andava anche per un’ora intera, costringendomi a starle china sopra per staccare l’impasto abbarbicatosi, rivoltare l’impasto, bestemmiare sull’impasto.

Con le mani… con le mani 10 minuti di lavoro “hands on” e mi esce un pane che signora mia, signoraaaa

Merito anche der ciotolone.

Guardavo su Instagram i video della mia amica Antonella che fa il pane in una grande ciotola e mi dicevo che dovevo provare anche io.

Era anche finalmente la scusa per procurarmi uno di quei pesanti catini heavy duty da vera matriarca (voglio dire, li ha anche la Regina).

Così sono andata in uno di quei mercatini che fanno conto vendita a cercarne uno e… l’ho trovato: bellissimo, grande come la vasca da bagno di un neonato, pesa come due gemelli, ed è un Richard Ginori vintage pagato 12.50€!

Lo amo moltissimo.

4° cosa – un pomeriggio di un giorno coi cani

Un giorno, mentre stavo uscendo di casa, il gatto è schizzato in giardino. Mentre recuperavo il gatto, il cane è uscito in giardino. Mentre mettevo il gatto in casa, il cane è schizzato fuori dal giardino.

Mentre rincorrevo il cane per tutto il quartiere, il cane si gettava su una cagnetta tenuta al guinzaglio dalla sua padrona e la mordeva in maniera brutta brutta.

A tutta questa fiera dell’est esposta da un appuntato dei carabinieri, è seguita una mattina orribile dal veterinario dove era stata portata la cagnetta ferita, poi operata e medicata per due settimane.

La proprietaria era giustamente una iena, ma ha capito che è stato un incidente e siamo in buoni rapporti.

Io da quel giorno sto di merda. Sapere che il mio cane ha fatto male a un altro cane è terribile. Vedere il mio cane terrorizzato e confuso, è terribile.

La Shu ora esce solo con museruola, e se da una parte mi dispiace imprigionarla così, mi rassicura sapere che è per il suo bene, oltre che per quello degli altri.

Ad esempio, mooolta meno gente cerca di toccarla per strada. Direte: ma come, c’è ancora chi allunga una mano su un pastore maremmano con museruola, come se fosse un peluche in mezzo a una piazza con il cartello “carezze gratis”? Oh, sì.

Chiedono: “Ma povero cane, perché ha la museruola? Morde?”

E io: “Sì, morde!!”

E loro: “Bravo cane!” e giù, la mano sulla testa. Senza permesso, sapendo di imporsi su una creatura potenzialmente aggressiva. Mi fa una gran rabbia.

Comunque.

La museruola era prevista da mesi, come parte del percorso educativo che abbiamo intrapreso lo scorso autunno sotto la guida di una veterinaria comportamentista.

Quello che volevo ottenere era poterla lasciare libera in natura, magari anche in spiaggia sotto casa, senza rischiare i suoi classici fugoni… che poi torna, eh. Ma è capace di sparire per 10 minuti correndo come un’ossessa per ripresentarsi con un sorrisone grande così, e nel mentre di attraversare la strada chissà quante volte.

Ma se non si usano i metodi coercitivi (comandare, arrivare a fare paura, o peggio male, al proprio cane), è lunga ottenere un risultato che va contro l’istinto di un cane come Sugar: guardiana di indole selvatica, obbligata a vivere in città. Vuol dire diventare ai suoi occhi più interessante di un cinghiale che corre nella macchia: non ci si arriva da un giorno all’altro.

Io non voglio un soldato che mi ubbidisce “perché altrimenti”. Voglio un cane felice, che si senta libero di amare questa famiglia, e di avere un posto paritario al suo interno, non subalterno.

Per intenderci, i metodi da sergente dei marine che si vedono nella serie “Dog Trainer” (su Netflix) non mi piacciono per niente.

Quindi il lavoro che sto facendo è lungo, richiede molta pazienza e il metter in conto incidenti spiacevoli come quando mi sono rotta il naso e gravi come l’assalto alla cagnolina.

Paradossalmente, alla Shu che torna quando la chiamo, ci sono arrivata lasciandola libera in natura: è sfogandosi prima che apre poi la sua mente alla possibilità di imparare nuove cose. Una di queste è comunicare con calma con gli altri cani – saluti, inviti a giocare, avvertimenti mafiosi: avere la museruola la costringe ad adottare una lingua più formale, adatta alla vita di società. Funziona.

Però voglio essere onesta, tra le due chi impara di più sono io – e di gran lunga.

Scoprire come comunicano i cani, e lei in particolare, è un’introduzione pratica all’etologia che mi affascina tantissimo. Mi fa sentire radicata nella terra che ho sotto i piedi e parte di un insieme così grande… che è impossibile da misurare.

Andiamo a fare passeggiate sul monte dietro casa tre volte alla settimana: ho l’enorme fortuna di poterlo raggiungere in 10 minuti, cosicché il tempo che voi forse dedicate alla palestra, a yoga o alla corsa, io lo dedico a me e a lei, al silenzio del bosco, alle ginestre nel vento.

Non è tutto rose e fiori, eh. Ci sono i cinghiali e ci prendiamo dei rischi. A volte per seguirne uno la Shu sta via anche 20 minuti (se non la vedessi sulla mappa del tracker morirei). Ma siamo lì per ricordarci a vicenda che in natura lei ha la mia fiducia, così come in città io ho la sua.

L’ho imparato durante una giornata illuminante presso Villa Fringuello (la nostra scuola) dedicata alla “lettura del cane attraverso la mobility” con Ivano Vitalini, un educatore che rifiuta le etichette e si definisce invece “uomo di cani”. “Il guinzaglio è un obbligo di legge, la libertà un obbligo morale”, dice.

Dai Sugar!

In un momento in cui ero spaventata e credevo di non essere in grado di dare una buona vita al mio cane e alla mia famiglia, Ivano mi ha resettato le aspettative e chiarito le idee. Siamo andate a scuola da lui sentendoci le più ciuccie della classe, ma abbiamo scoperto che la Shu può fare i percorsi di agility come tutti gli altri cani, e che io sono in grado di tenere il guinzaglio lento invece che tirato.

Agility Shubi

Un pomeriggio di un giorno coi cani che è arrivato al momento giusto.

“Guarda che il tuo cane è una paracula”

5° cosa – MMpM

candeline buon compleanno

Un paio di settimane fa un amico di Milano mi ha chiesto dove poteva ordinare una torta per il compleanno di suo figlio. Io di Milano son poco pratica, però insomma, ho un blog che si chiama Cakemania e quindi qualche consiglio gliel’ho saputo dare.

Ma non voleva solo un indirizzo, voleva proprio scegliere la torta: gli ho fatto vedere torte di cake design in pasta di zucchero, cream tart, crostate di frutta caleidoscopiche… aveva bisogno di ordinarla il giorno dopo e decidere in fretta.

Al che mi sono complimentata: la sua sì che è una famiglia all’avanguardia, dove è il padre-non-vedovo a decidere in piena autonomia una cosa come la torta per la festa del figlio.

Onestamente, mai sentito. Grande stima per la parità raggiunta: io che faccio volare i coltelli se mio marito dice “ti faccio i piatti”, non gli lascerei scegliere in piena autonomia una cosa come la torta per un figlio. E non perché ho un blog che si chiama Cakemania, e in materia di torte sono piuttosto studiata: proprio per mania di controllo matriarcale. Perché una mamma vede cose che un papà non vedrà mai: che c’è troppa gelatina sulla crostata, troppo colorante nella pasta di zucchero, troppe porzioni in quella ruota da carro in un momento in cui non ci si può assembrare.

E il mio amico, stellìn, ha risposto: “Ah, ma mica lo so se me lo fanno fare…”

E infatti è finita che la torta l’ha scelta sua moglie, e lui l’ha ritirata.

L’ordine naturale delle cose è stato ristabilito.

Però ci ho pensato tanto nei giorni a seguire.

Questo soffitto di cristallo che mettiamo sopra la testa dei nostri compagni in casa per lamentarci di quello che loro ci hanno messo sul lavoro… ma che meschineria è??

Lo giuro sulla testa del mio cane che non credo nella divisione dei ruoli basati sul sesso, ma sulle capacità e le potenzialità.

Infatti non so fare un buco col trapano, e delego il trapano a mio marito.

Così come lui non mette gli avanzi in frigo quando sparecchia, sostenendo che non ne è capace.

E io mi arrabbio perché come si fa a non saper mettere gli avanzi in frigo?? Io ho un metodo: gli avanzi della cena vanno sul ripiano più in alto, in scatole e barattoli di vetro di misura, così si vede subito cosa è rimasto da smaltire; nel ripiano sotto si mettono a posto le cose per la colazione; in quello sotto salse e sottaceti; sotto ancora formaggi e salumi; sotto verdura; sotto verdura piccola e limoni. CHE CI VUOLE??

Probabilmente lo stesso acume che serve per tenere il trapano perpendicolare al muro e schiacciarlo dentro il cemento.

Nella maggior parte dei casi, si tratta solo di imparare. Di essere liberi di imparare.

A gestire un’azienda come le scorte di un frigorifero.

Il motto di Maria Montessori lo conosciamo tutti: “Insegnami a fare da solo”.

Penso che sia ora che lo applichiamo anche tra noi adulti, il Metodo Montessori per Mariti e Mogli. Perché non è vero che chi fa da sé fa per tre: se si fa in due, si fa in metà tempo. E poi si mangia la torta.

Appendice 1

Una delle cose belle che mi ha dato la vita è Corrado Guzzanti che canta “Grande Raccordo Anulare”:

Appendice 2

Per par condicio metto anche una mia foto con la faccia brutta durante quel viaggio a Londra. È pure una foto con espressione romana, per rimanere in tema: un classico esempio della sottile linea che può passare tra uno “e sti cazzi” e un “me cojoni”…

Rules Restaurant London

… perché non mi ricordo cosa stessi pensando del vino!

Lascia il tuo voto

Altro su questi argomenti

giuseppe carnevali navionics

Chi era mio padre, Giuseppe Carnevali

Ero appena tornata dalla Campagna (con la C maiuscola, perché è così che chiamiamo il posto di famiglia dove aveva casa lui), dove avevo preso un paio di […]

ricetta della zuppa al pomodoro con latte di cocco

Zuppa di pomodoro piccantina

Da fare quando c'è voglia di una zuppa calda, buona, etnica, naturalmente vegana e che sia anche un piatto unico.