Indice
- Ogni mese vi racconto le cose mi hanno colpito: nel bene soprattutto, ma anche nel male.Una colazione speciale, la sesta serie di Downton Abbey, dei bidoni nascosti, una coperta pesante e degli ospiti indesiderati hanno segnato questo gennaio 2016.
- 1° cosa bella – La colazione speciale della domenica mattina
- 2° cosa bella – Downton Abbey
- 3° cosa bella – La bellezza salverà il mondo
- 4° cosa bella – Il coltrone
- Una cosa anche no – i pidocchi
Ogni mese vi racconto le cose mi hanno colpito: nel bene soprattutto, ma anche nel male.
Una colazione speciale, la sesta serie di Downton Abbey, dei bidoni nascosti, una coperta pesante e degli ospiti indesiderati hanno segnato questo gennaio 2016.
1° cosa bella – La colazione speciale della domenica mattina
Abbiamo ritmi circadiani scompensati, io e mio marito. La sera, se riesco a tirare le 11.30 sapendo come mi chiamo e dove vivo è un miracolo; lui invece legge fino all’una, ma tirerebbe le tre senza battere ciglio (se io non gli tirassi i calci negli stinchi sotto le coperte per fargli spegnere quella c**** di luce).
Sette ore dopo io mi sveglio come tutte le personcine responsabili che sanno che il mattino ha l’oro in bocca (= hanno l’insonnia dei vecchi); lui dormirebbe fino all’una, se nei giorni feriali non tornassi in camera ogni 10 minuti a ricordargli che entro le otto deve uscire di casa con gli occhi aperti e la cravatta annodata. Ha ragione a dire che non è nato per fare il contadino ma per fare l’astronomo.
Nel weekend resto a letto un po’ più a lungo, ma è raro che alle nove io non sia già in cucina o al computer, perché il piccolo si sveglia in orario quasi scolastico (il fuso acquisito è quello, e non lo molla) e non gli piace stare da solo in salotto a guardare unboxing di scatole Lego su Youtube. Deve farlo con me nella stanza accanto.
Così, per dimostrare tutto l’ammmore che ho per i miei famigliari che dormono mentre io sto lavorando, io che quanto loro gradirei santificare il weekend riposandomi come comandano le religioni monoteiste anche se sono atea, spesso preparo una colazione speciale della domenica mattina: pancakes, o waffles, o scones, da godersi con un buon tè, magari una spremuta, una nuova rivista di cucina da sfogliare per me, la Settimana Enigmistica per la carne della mia carne, e il concerto per clarinetto di Mozart K 622 in sottofondo per tutti, perché l’ho sempre trovato perfetto per la colazione.
Come una famiglia felice.
A questo edificante quadretto mancano solo il marito e i figli grandi, che devo svegliare a più riprese con voce flautata e il ricatto passive-aggressive: “Vieni a fare colazione? Sono le 10. Certo tesoro, se vuoi dormire ancora, dormi, però ho fatto gli scones. E sono buoni caldi. Sì, sono già in tavola”.

Mezz’ora dopo urlo per le scale “Alloraaaaaa questa colazione speciale della domenica deve mangiarsi da solaaaa? Io mi alzo presto e vi faccio gli scones e nessuno si degna di venire quando pure io gradirei santificare il weekend riposandomi come comandano le religioni monoteiste anche se sono atea!!”.
Così finalmente si compone la famiglia felice a tavola.
Davanti al banchetto mi viene perdonata la “solerzia” con cui ho tirato tutti giù dal letto.
Quello che non mi fanno più passare è il concerto per clarinetto di Mozart K 622. 52 volte all’anno per 23 anni hanno segnato il limite a quanto pare (il giorno che si farà la rivoluzione francese in questa casa so con quale CD mi ghigliottineranno). Così adesso sono passata ai concerti per archi di Rossini che, da gran gourmet e carnivoro che era, nel mio mood board richiama bene l’arrosto del pranzo speciale della domenica che da 23 anni (52 volte all’anno) segue la colazione speciale della domenica.
………
Ora che ci penso, non è che mio marito sta lanciando dei messaggi subliminali comprandomi le riviste di cucina da sfogliare prima di preparare il pranzo domenicale?
2° cosa bella – Downton Abbey
Non credo esista una droga più assuefante di un “costumone” inglese in cui le scene che si svolgono in cucina e in sala da pranzo prendano il 40% dello screen time. Nel caso di Downton Abbey, se ci aggiungiamo il tè delle cinque si arriva probabilmente al 50%.
Non ho mai avuto il piacere di guardarlo in televisione, ma solo su iPad, perché l’impazienza è sempre stata troppa per aspettare di vederlo trasmesso qui. L’ho sempre ahem, cercato su internet, fin dal primo episodio della prima serie, che ho visto il giorno dopo che andò in onda su ITV cinque anni e mezzo fa.
E adesso che è tutto finito, dopo SOLO SEI STAGIONI, che ne sarà di me?
Per non stare con le mani in mano, mi sono data come buon proposito per il 2016 di stare seduta dritta come le figlie di Lord Grantham e lasciarmi alle spalle (ha-ha) la gobba acquisita allattando per tre anni della mia vita e passandone altri 15 china su un laptop. Lo sto mantenendo e sento di aver acquisito tutta un’altra dignità e compostezza.
Quindi: grazie, Downton Abbey. Sei un balsamo per la mia autostima.
Ma dove prendo ora la mia dose di zuppiere grandi come catini, di portauova di legno lunghi un metro…

… di cestini da picnic che traboccano di Champagne e terrine, di posate collocate con il righello?
La mia amica Jolanda di Filastrocche.it ha scoperto solo adesso Downton Abbey, e come una vera Netflix junkie si rifugia con le cuffiette in un cantuccio, talvolta dimenticandosi di attaccarsi al wi-fi pur di spararsi subito la dose.
Invidio tutte le sue ore liete a venire: le stilettate di Lady Violet che ancora non ha sentito, il make-over di Edith (team Edith! Booo Mary!), non sa che c’è Matthew Goode all’orizzonte.
Invidio meno il momento in cui le arriverà la bolletta; ma un costumone così sul 3G? Ubi major, minor cessat.
3° cosa bella – La bellezza salverà il mondo
La celebre frase del principe Miškin ne “L’idiota” di Dostoevskij mi è venuta in mente guardando dei bidoni della spazzatura a Bolzano.
E non era in senso ironico.
Piccoli abeti che coprono i cassonetti alla vista dei passanti e fanno sembrare la raccolta dei rifiuti un giardinetto.
Ci vuole poco a far funzionare la teoria della finestra rotta… al contrario. A creare un ambiente che è una gioia, invece che un’offesa per gli occhi.
E chi butterebbe una cartaccia lì davanti?
4° cosa bella – Il coltrone
Quest’anno l’inverno è stato talmente mite, anzi, talmente caldo che al Polo Nord le temperature sono salite di 30° sopra le medie stagionali.
Il giorno di Santo Stefano ho scattato questa foto a Genova: una mimosa in pieno fulgore, con due mesi di anticipo.

Questa sulle Dolomiti a Capodanno.

Siamo alla fine di gennaio e ancora non ho messo il piumone al letto. È bastata una trapunta da mezza stagione fino a pochi giorni fa, poi per pigrizia la prima sera che ho sentito freddo invece di cambiare tutto per mettere il piumone ho aggiunto un plaid.
Già, proprio come si faceva ai vecchi tempi, quando per rifare un letto si tirava da una parte e dall’altra prima il lenzuolo, poi la coperta e infine la trapunta.
Oggi siamo abituati alla praticità del piumone nel suo sacco: è soffice, leggero, si tira su e in un attimo il letto è fatto.
Ma con il “coltrone” se ne è andato il piacere infantile di lasciarsi schiacciare da spesse coperte di lana infeltrita e di addormentarsi sentendosi protetti da uno scudo pesante e caldo.
Ho deciso che questo inverno andremo avanti così.
E per rincarare la dose filologica ho accantonato quelle dell’Ikea e sto usando solo le lenzuola del mio corredo: ricamate dalle nonne e dalle bisnonne. Un paio di pezzi sono così riccamente decorati con pizzi e iniziali arzigogolate che sospetto arrivino dalla generazione ancora precedente.
Averle e non usarle non ha senso: me le voglio godere, insieme al coltrone. Come facevano le mie nonne: Ebe, Elvira, Argia.
La bellezza che salverà il mondo da qualche parte deve pur cominciare.
Una cosa anche no – i pidocchi
Ci risiamo, è arrivata l’ondata annuale.
Magari anche i pidocchi hanno un loro coté vintage? Quando ero piccola, a scuola veniva “l’igiene” a controllare le nostre teste, e il sentimento popolare era che i pidocchi li avevano solo i bambini che vivevano in situazioni rustiche, per non dire disagiate. Io addirittura immaginavo una loro vita domestica in bianco e nero, probabilmente senza acqua calda corrente, con animali che dal cortile passavano agilmente in casa – una vita come nei film dei tempi antichi (“i tempi antichi” sono sempre stati una mia fissazione, se ancora non si è capito).
Che i pidocchi prosperino sulle teste sporche è una cretinata degli anni ’70 quanto quella attuale che vuole che prosperino su quelle troppe pulite.
I bastardi sono attirati da un certo tipo di pelle, così come lo sono le zanzare. Punto e basta. E non lo dice una ricerca scientifica. Lo dico io.
Lo prova il fatto che mio marito attira tutte le zanzare e io attiro tutti i pidocchi. E non ci sono scambi.
Fino a pochi anni fa pensavo di essere immune, adesso invece so che i pidocchi amano la mia famiglia. Con ardore.
Posso veramente contare su una loro visita ogni volta che passano dalla città.
Arrivano ospitati dai giovani maschi di casa, ma quando incontrano la padrona si trovano così bene che sono capaci di trattenersi per due mesi.
Tanto sono rimasti tra i miei capelli la prima volta: dopo aver provato tutti i prodotti venduti in farmacia ed erboristeria, dopo aver testato tutti i consigli della nonna, ero veramente disperata. Non volevo tagliarmi i capelli, ma la convivenza mi stava esaurendo: avevo un eritema insopportabile sulla nuca e sembrava che non ne sarei uscita viva.

L’ultimo tentativo prima delle forbici è stata una visita dermatologica.
Ed ecco che mi fu svelato il segreto che pochi sanno: i pidocchi non sopportano l’odore che la vitamina B12 dà alla pelle umana. Noi non lo sentiamo, ma loro sì.
Quindi la soluzione finale è: 15 giorni di doppia dose – rispetto a quella raccomandata al dì – di Betotal (o simile medicinale generico), e i pidocchi semplicemente si lasciano cadere a terra asfissiati. In due settimane sei sicuro di annientare tutto quello che già cammina o ancora si deve schiudere.