Indice
- 1° cosa bella – 1 giugno
- 2° cosa bella – che storia!
- 3° cosa bella – le aiuole
- 4° cosa bella – karma antimeridiano
- Una cosa che sono – proprio una Karen
1° cosa bella – 1 giugno
È nata Francesca, la bambina di mia sorella. Molto attesa dai suoi genitori, e ovviamente da tutta la famiglia, a maggior ragione dopo una primavera in cui ne sono mancati due membri fondamentali.
Francesca è bellissima, come la sua mamma. Si vede anche dalle loro mani.
E non solo 🙂
2° cosa bella – che storia!
Essendo mio figlio Federico un’idrovora intellettuale che ingloba mattoni di fisica, filosofia e antropologia con il ritmo con il quale io leggo le istruzioni per servire i Corn Flakes (“un bicchiere di latte + un frutto”), quando ho visto che seguiva le lezioni del Prof. Barbero su YouTube ho pensato subito che non fosse roba alla mia portata. “Sono bellissime”, mi ha detto, “la strategia di Napoleone…” – e qui avevo già smesso di ascoltarlo perché non ce la faccio più ad avere così tanti stimoli e cose da imparare attorno: ho un backlog di libri, articoli, documentari da smazzare ENORME, me lo trascino mentalmente appresso tutti i giorni e mi pesa tantissimo.
Poi ho sentito delle mie amiche che, andando a sentire una conferenza di Barbero, ne parlavano con piccoli trilli di maturo entusiamo (leggi: quasi Brad Pitt).
Poi me lo ha raccomandato un’altra persona, dicendo la cosa che mi ha intrigata definitivamente: “è piemontesissimo”. A quel punto, se non altro per scoprire cosa vuol dire essere piemontesissimi, ho cercato i suoi podcast.
Così la prima lezione che ho ascoltato è stata quella sul giovane Cavour, mentre cucinavo.
Mio marito è arrivato mentre ero a metà preparazione della cena e ci siamo dilungati (per non dire fermati) entrambi con un bicchiere di vino, appoggiati al bancone, per sentirla tutta.
Da lì, è stato tutto uno zigzag tra storia ufficiale, aneddoti, storiografia e puro intrattenimento, perché Barbero è un grande divulgatore: le rivolte contadine del medioevo (quella dei Ciompi narrata in modo irresistibile); Caporetto (e l’indicibile che ha lasciato nelle campagne circostanti); i conflitti di identità nella Storia (illuminante); Christine de Pizan (la prima autrice di instant book è vissuta tra ‘300 e ‘400, e io non ne avevo mai sentito parlare!); l’impresa di Fiume (D’Annunzio era un influencer più che uno scrittore, faceva pubblicità a decine di prodotti tra i più vari)…
Ormai la voce piemontesissima di Barbero, i suoi “e poi e poi” e i “dopodiché” sono la colonna sonora dei nostri viaggi in autostrada, e mi sento in colpa come stessi rubando qualcosa se mi regalo una lezione mentre affetto le cipolle.
Se lo conoscete ancora, questo è linktree del podcast. Vi consiglio, per iniziare in grande stile: “La lezione dimenticata delle due guerre mondiali” e “Storia e significato della democrazia”.
Fatemi sapere cosa ne avrete pensato, ci tengo!
3° cosa bella – le aiuole
Ho realizzato il sogno di avere delle aiuole in cortile, abbastanza profonde per poterci far crescere degli alberi.
Da poche piante costrette in vaso e uno specchio di pietra che riverberava un caldo sferzante sulla casa, siamo passati a un vero giardino: è pensato e curato, può maturare. Soprattutto, mi dà una gioia incontenibile ogni mattina quando apro la finestra della mia camera e dall’alto vedo che i nespoli sono un po’ più grandi, che le yucche si alzano, che i banani hanno nuove foglie, che il gelsomino è più fitto, che l’aspidistra – una volta prigioniera in 50cm di terracotta – ora corre felice per 3 metri di lunghezza.
Ogni pianta qui ci è stata regalata in occasioni solenni, l’abbiamo adottata da amici che traslocavano, o ereditata parenti che non ci sono più.
Mi sono solo regalata due grossi agapanti, così grossi che hanno due steli e sono alti come me. Quando rientrando apro il cancello e me li trovo davanti mi viene un groppo in gola dalla commozione. Nella mia testa, agapanto e aspidistra fanno tanto vecchia Italia, e lacustre romanticismo ottocentesco. Adoro Fogazzaro.
Questi pochi metri quadrati oltre regalare bellezza e darmi una scusa per fare giardinaggio, devono formare una fronzosa cupola verde, un piccolo polmone che pulisce un po’ l’aria della via di scorrimento su cui viviamo, e una tenda da sole naturale (le foglie abbassano la temperatura di diversi gradi in più rispetto qualsiasi tettoia in qualsiasi materiale).
Fra l’altro, più piante su più livelli ci sono, più sembra grande: la mia ispirazione è questo piccolissimo giardino a Londra, che nonostante le dimensioni sembra una giungla. Guardate dal minuto 14.30!
4° cosa bella – karma antimeridiano
Alle 6.45 del 30 giugno ero in salotto, con il mio nipotino di due anni e mezzo che giocava con un razzo di legno. Si era addormentato 6 ore prima, e svegliato 3 ore dopo.
“Pietro, vieni in braccio che ti faccio una coccola?”
“No ciace nanne, nonna.”
Mica è stupido, il bambino.
Stavo sul divano come Marat nella vasca, e pensavo: karma.
Suo padre, quello che ingloba mattoni di fisica, filosofia e antropologia, avrà avuto 4 o 5 anni quella volta che era venuto nel lettone e si era (come sempre) posizionato di traverso in mezzo a noi, che annaspavamo in quella stanchezza atavica che solo chi ha figli insonni può comprendere.
Un breve silenzio e poi si alza di scatto ad angolo retto come le bambine dei film horror: “Scusate, mi ero assopito!”.
(Sì, ha detto assopito a 5 anni)
Neanche a lui piaceva fare la nanna. Anche lui come suo figlio rispondeva sempre no, per principio, e poi semmai si ragionava; però a lungo, e senza sconti. Anche lui doveva vedere come tutto era fatto dentro: smontarlo, montarlo, smontarlo, montarlo in modo diverso. A qualsiasi ora del giorno e della notte.
L’agiografia narra che mio marito, padre dell’inglobatore di mattoni e nonno dell’astronauta mattiniero, aveva i soliti 4 o 5 anni quando passò una giornata dagli zii. È stato buono?, chiese sua madre quando andò a prenderlo. Buonissimo, è stato tutto il tempo sotto il tavolo, risposero gli zii. Senonché, quando gli zii si sedettero a cena quella sera, la tavola apparecchiata gli collassò sui piedi.
Scusate, per questa specie di parabola non ho una conclusione acuta, che è sinonimo di “sagace”, che è sinonimo di “sveglia”. Perché ho troppo sonno. Da 27 anni.
Una cosa che sono – proprio una Karen
Il 2 giugno ho messo una tessera nera su Instagram, e come milioni di altre persone in tutto il mondo mi sono congedata per una settimana dall’essere attiva sui social per concentrami ad ascoltare e imparare.
“Daddy changed the world”, ha detto davanti alle telecamere Gianna Floyd lo stesso giorno: a soli 6 anni le è toccato di non avere più un padre, e di rimanere con un simbolo.
Il mondo è cambiato davvero, dopo l’assassinio di George Floyd.
Chi ha avuto lo stomaco di vedere quel video e di sentire quell’audio non potrà mai cancellarlo dai suoi occhi e dalle sue orecchie.
Come gli aerei che tagliano le Torri Gemelle come il burro, come la voce di Afredino Rampi che grida in fondo al pozzo artesiano.
La mano in tasca di Derek Chauvin mentre muove avanti e indietro il ginocchio sul collo di George Floyd. George Floyd che dice “Mama, mama” prima di morire soffocato, con il sangue che gli esce dal naso.
Tutto ripreso in video, tutto davanti a gente che strilla e piange: “Lo state uccidendo, lasciatelo, non respira”. Minuti interminabili, che davvero non termineranno mai.
Faccio una lista in ordine sparso di cose che ho imparato da quando ho visto quel video, leggendo articoli e post, guardando documentari, ascoltando testimonianze dirette – da fonti americane e italiane.
Per prima cosa, ho scoperto che esiste un razzismo così grande, così impensabile, così incredibile che non abbiamo parole adatte per definirlo: così sistemico che è indifferente perfino alle conseguenze giuridiche e mediatiche, come dimostrano i quattro poliziotti che hanno ucciso Floyd a Minneapolis, e Amy Cooper, la donna che lo stesso 25 maggio a New York ha chiamato soccorsi per denunciare un nero che la stava aggredendo nel parco, dicendogli in faccia che lo faceva per ripicca perché lui le aveva detto di tenere il cane al guinzaglio. Mentre lui la filmava con il cellulare, certa del fatto che ancora oggi la parola di una donna bianca valga più di un video che dimostra come sono andate davvero le cose.
Ho scoperto che se sei un idraulico nero di 55 anni non prendi chiamate di emergenza, perché essere fuori a lavorare quando è buio vuol dire rischiare la vita anche se sei nel tuo furgone con la scriita IDRAULICO. Nessun uomo dalla pelle nera esce di casa in piena tranquillità, negli Stati Uniti. Puoi essere un avvocato, fuori dal tribunale a studiare gli incartamenti per il tuo prossimo processo, seduto nella tua macchina, alle 11 del mattino, e trovarti una pistola in faccia, attraverso il finestrino aperto, e sentire un distintivo che dice “muovi un dito e ti faccio saltare il cervello”.
Che se sei un ragazzo nero di 25 anni e fai jogging nel tuo quartiere, ti possono abbattere come si fa per diradare la popolazione degli animali selvatici in montagna.
Che se sei un padre di famiglia nero, non porti fuori il cane senza avere la tua bambina di 8 anni per mano, perché altrimenti vieni visto come una minaccia.
Che se sei una bambina nera di 8 anni, i tuoi genitori ti hanno già insegnato che se delle persone bianche o la polizia si avvicinano minacciose devi alzare le mani in alto e dire il tuo nome, la tua età e che sei disarmata.
Che se affitti una casa sul lago per andare in vacanza tutta la famiglia, qualcuno denuncerà alla polizia che ci sono degli squatter in quella villetta. E che la polizia si avventerà sulla tua famiglia nera senza nemmeno alzare il telefono e chiedere all’agenzia immobiliare che la gestisce se quella villetta è regolarmente affittata. E che la polizia si rifiuterà di prendere nota del nome di chi ha fatto quella telefonata, ma segnerà quello della nonna che ha chiesto la ragione di quell’intervento abusivo.
Che se hai 16 anni e sei nero, quando compri un pacchetto di caramelle devi toccare solo quelle che compri, e non uscire dal negozio senza un sacchetto e senza uno scontrino. E soprattutto senza cappuccio della felpa in testa, anche se piove. Sennò potresti fare la fine di Trayvon Martin.
Posso andare avanti per chilometri di parole, come la vera Karen che sono e che cade dalla nuvola del suo privilegio bianco, e piange tutti i giorni perché non aveva idea.
Da Emmett Till a Philando Castille, a Tamir Rice a Eric Garner, conoscevo i nomi di casi di cronaca più eclatanti e più sconvolgenti. Avevo letto libri, studiato le dinamiche del red lining, guardato “13th“, “Hello, privilge, It’s me, Chelsea“, “Dear white people“, “#blackAF” dal mio comodo divano su Netflix.
Ma non avevo idea. NON AVEVO IDEA.
Non avevo idea che nel tabacchino del mio quartiere mia nuora la settimana scorsa avrebbe potuto sentire dire a un suo amico “quel negro di merda ha saltato la fila” (mi pare ridicolo sottolineare che erano in fila da 10 minuti e che questa frase è stata detta da uno appena arrivato). Che sarebbero stati mandati via da un bar sul mare a cui ci piaveva tanto andare per l’aperitivo, non appena fosse spuntato lui, reo di essere lì per un servizio fotografico di moda.
Questo è quanto sono privilegiata: scopro questi orrori (“tocca solo quello che compri e tieni sempre in mano lo scontrino sennò ti spariamo”) da fuori, da molto lontano. La comunità nera li ha sempre denunciati, ma c’è voluto un linciaggio filmato in tempo reale da una ragazzina di 17 anni su un marciapiede di Minneapolis perché aprissimo gli occhi.
E giustamente la comunità nera ora ci dice: non è il momento di piangere e di mettervi al centro della scena attraverso il vostro senso di colpa, care donne bianche. Non tocca a noi consolarvi e pulire la vostra coscienza con la nostra empatia, così come per 400 anni abbiamo pulito le vostre case. È ora di fare spazio a noi, ascoltare il nostro dolore, vedere la nostra rabbia, dare a noi una sedia al tavolo del potere dove siedono gli uomini bianchi.
Leggete questo post di Staceyann Chin su Facebook. È del 12 febbraio.
E noi zie, mute.