1° cosa – Picci
Indice
- 1° cosa – Picci
- 2 ° cosa – il gatto sotto-vuoto
- 3° cosa – anzi.
- 4° cosa – vabbè, ve lo dico
- 5° cosa – ognuno per sé
Cosa ci fa sentire finalmente adulti? Davvero adulti, davvero indipendenti, davvero capaci di smazzarci qualsiasi cosa da soli?
Per molti questa sensazione arriva in maniera forzata, con la perdita dei genitori.
Per altri arriva con un traguardo superato: il primo stipendio pieno, o mettere su casa, o avere dei figli, o ancora dopo, con i figli avviati nella realizzazione della loro vita.
Io queste cose le avevo già messe in saccoccia, ma ho sentito di essere passata definitivamente nel territorio del “non avrò più bisogno di chiedere niente a nessuno” la prima volta solo un anno fa, quando avendo ricevuto dei soldi in eredità ho deciso di investirli in certi fondi green contro il parere di mio padre (fautore del “mattone”), di mio marito e del nostro consulente finanziario (fautore di fondi storicamente solidi, ma che foraggiano corporazioni come McDonald’s e Philip Morris).
L’ho sentito quando ho preso questa decisione dando retta solo a me stessa e ai miei principi.
Poi ho avuto la soddisfazione di vedere la mia scelta rendere molto meglio di quello che mi aveva consigliato di fare il patriarcato, ma è stato solo il cacio sui maccheroni.
La ciliegina sulla torta? Questo mese ho regalato a mio marito una barca.
Non un panfilo, eh: un Laser, o meglio un ILCA (come si chiamano adesso), cioè una barchetta da regata per una sola persona, che sta sul tetto della macchina, e che lui desiderava da tanto per sostituire quella vecchia di 30 anni, tenuta insieme con lo scotch da idraulici.
È una piccola barca, ma è comunque un regalo grosso, il tipo di regalo che – diciamolo con franchezza – di solito sono gli uomini a fare alle donne, magari sotto forma di gioiello o borsa di Hermès in coccodrillo.
Ne sono molto orgogliosa.
E poi, a sorpresa, mio marito non l’ha chiamata Astrifiammante, come ha detto che avrebbe fatto per anni: Astrifiammante è la Regina della Notte nel “Flauto Magico” di Mozart, un personaggio venduto come una pazza isterica, cattiva e pericolosa perché femmina che vuole tenersi il suo regno e sua figlia, mentre i massoni maschi le vogliono portare via tutto.
Sta incazzata nera e lo canta forte. È da sempre l’idolo di mio marito.
Che è un vero femminista, e che è ben contento di farsi regalare la barca dalla moglie, e di scriverci sopra con un pennarello “Picci”.
“Picci”, come chiama sua moglie da 29 anni.
2 ° cosa – il gatto sotto-vuoto
Non è solo Sugar il cane ad avere una veterinaria comportamentista; anche Ninja il gatto ha la sua.
Come in una famiglia di ebrei newyorkesi in un film di Woody Allen in cui tutti vanno dallo psicanalista, tutte le mie bestie hanno il loro supporto per avere una migliore qualità di vita.
Non lo hanno chiesto lamentandosi di questa madre troppo possessiva e castrante (oddio, magari Ninja di questo avrebbe di che lamentarsi, AH AH) o manifestando un complesso di Edipo troppo ingombrante.
Lo hanno fatto con scatti di fuga furiosa l’una e con innumerevoli pipì sul letto matrimoniale l’altro.
La mia qualità di vita aveva bisogno di supporto.
O di un terzo piumone per il letto, perché due da lavare alternati ogni giorno non bastavano più (Ninja sa aprire le maniglie delle porte, quindi no, chiudere la stanza non basta).
Voglio raccontarvi come si è svolto il percorso per Ninja, perché tutti pensano che i gatti siano inaddestrabili e ineducabili, ma sono qui per dirvi che si possono fare dei cambiamenti ambientali per rendere la vita in famiglia molto più serena.
Il mio gatto indemoniato era diventato talmente aggressivo che ogni giorno mi faceva uscire il sangue da qualche parte, con una predilezione per il mio polpaccio destro attaccato di primo mattino a morsi e graffi. Sono queste le cicatrici dell’anno di lockdown che porterò per sempre.
Sembrava odiare me in particolare, anche se devo dire con un pizzico di schadenfreude che le pipì sul letto erano quasi sempre dalla parte di mio marito, e molto vicine al suo cuscino.
Onestamente, l’antipatia cominciava ad essere reciproca. Onestamente, ero sull’orlo di cercargli una famiglia adottiva a Vicenza.
La dottoressa Marzia Possenti di Arca Veterinaria mi ha fatto una consulenza da remoto insieme alla sua socia Miriam D’Ovidio (che è la comportamentista di Sugar): mi ha chiesto un video dettagliato di tutta la casa e poi in video-chiamata mi ha spiegato che Ninja è molto più a disagio con Sugar di quanto pensassi e che di indole è un gatto più selvatico che cittadino nonostante abbia sempre vissuto in casa (e sia stato castrato).
Queste sono le indicazioni che mi ha dato:
- installare una gattaiola in modo che possa entrare e uscire in terrazza anche di notte e in qualsiasi momento, in autonomia, per espletare le sue funzioni cacciatore di grilli e gechi;
- installare una fontanella per farlo bere in autonomia;
- creare una sua zona pappa sollevata da terra, dove Sugar non possa arrivare: il gatto si sente più sicuro, il cane non gli mangia i croccantini (che le fanno malissimo);
- aprire la lettiera: le lettiere coperte fanno un effetto camera-a-gas, e vengono disertate;
- lanciargli questi topini che si muovono, vibrano, squittiscono e accendono gli occhi di rosso come in un film dell’orrore per fargli cacciare quelli invece delle mie gambe;
- coprire i letti con teli di plastica e lasciare le porte aperte, per fargli capire che non sono posti poi così interessanti (come tutto quello che è tabù, Freud insegna…).
Le pipì sul letto sono calate fino a sparire nell’arco di un mese. Quando le faceva, venivano asciugate dalla plastica, senza incidere sul carico quotidiano del bucato.
Ninja aveva poi capito come infilarsi sotto il telo, apparendo come un gatto sotto-vuoto da cuocere nel Roner (ricetta della nouvelle cuisine vicentina). Quindi mettevo sul perimetro del letto dei pesanti libri per impedirgli di sgusciarci sotto.
La fontanella è stata una benedizione, perché dopo 5 anni di totale assenza di privacy posso andare finalmente in bagno senza che il gatto apra la porta e mi raggiunga per farsi aprire il rubinetto del bidet. Chi ha avuto bambini di due anni o dei gatti sa cosa intendo.
La consiglio a tutti i gattari: io ho preso questa su Amazon dopo lunghe ricerche, perché ha un sensore che la fa partire solo quando avverte un movimento vicino. Quando ho fatto l’errore di lavarla con piglio troppo sportivo, facendo andare dell’acqua nel buco del caricatore, l’ho ricomprata immediatamente uguale.
La gattaiola, che ha comportato il cambio di un doppio vetro nella porta-finetra, è forse il cambiamento più importante: Ninja entra ed esce in continuazione, a testimonianza che aveva veramente bisogno di questa libertà.
Le aggressioni sono finite.
Viene a strusciarsi facendo le fusa.
Non è più ossessionato dall’idea di scappare nei giardini dei vicini.
Ha anche occupato la cuccia della Shu.
E questo, lo so già, mi costerà anni di divanetto dell’analista per il cane.
3° cosa – anzi.
La mia qualità di vita ha avuto un’impennata quando, in ritardo di 10 anni rispetto al mio primogenito, mi sono abbonata a Spotify. Anzi, quando ho abbonato tutta la famiglia a Spotify.
Anzi, no, non tutta perché il primogenito ha declinato la mia offerta di associarsi al pacchetto famiglia in quanto ha le sue “110 playlist affinate negli anni” e non vuole perderle.
Stessa cosa mia nuora.
E li capisco.
Io 110 playlist non le ho ancora, ma quelle che ho affinato in un mese le amo già tantissimo. Giro per casa con il telefono e la cassa JBL e vivo di nuovo con la musica tutto il giorno come quando ero ragazza, provando l’eccitazione del primo walkman.
È un po’ come se avessi appena scoperto Google: cerco di tutto con ingordigia e trovo registrazioni acustiche che non sono mai state messe su disco, soundscape per lavorare, podcast da ascoltare mentre cucino e spettacoli comici per ridere quando guido.
Trillo dentro il mio cuoricino al pensiero di tutto quello che posso costruire d’ora in avanti: selezioni verticali di traditional irlandesi, di pop indiano tamarrissimo per accompagnare un curry, di jazz lascivo per quando c’è un buon Bordeaux.
Quello che c’è, è pubblico: se volete cantare e ballare con me in cucina (e avete un abbonamento, o fate la prova gratuita di un mese), attaccatevi pure al mio trenino messicano.
Anzi, vi consiglio di cominciare dalla playlist dedicata a Cuco Sanchez e farvi queste tortillas.
De nada, eres bienvenidos!
4° cosa – vabbè, ve lo dico
Ho fatto anche un altro abbonamento.
Su questo ho riflettuto a lungo perché mi sembrava di avere già abbastanza scelta, tra Sky, Netflix e Amazon Prime e pochissimo tempo in cui riesco a stare sveglia per godermeli.
Ma la verità è che tutti gli abbonamenti di cui sopra nascono da un solo desiderio: guardare programmi inglesi, che spero di trovare lì e a cui poi invece devo dare la caccia su YouTube per vederli tagliati, farciti di pubblicità e pure sgranati.
Così ora ho una VPN, che è un sistema che mi permette di dire alla BBC che sono a Manchester invece che a Genova, così mi fa entrare nei suoi archivi e posso farmi delle panciate di costumoni e giardini.
Per festeggiare il primo giorno di VPN mi sono chiusa in camera con l’iPad e ho guardato una puntata di “Country Life” su come si assiste una pecora durate il parto (senza censura: è un vero turorial), e poi “One man and his dog”, ovvero competizioni tra cani da pastore che guidano pecore in percorsi prestabiliti, obbedendo al fischio del proprietario che osserva da lontano. La telecronaca dei due commentatori è di una tenerezza infinita.
Ho divorato, ridendo con versi suini, la serie “Staged” in cui Michael Sheen e David Tennant interpretano loro stessi che punzecchiano i vicendevoli ego su Zoom invece di fare le prove per “Sei personaggi in cerca d’autore”.
Ho davanti a me “Talking heads”, i monologhi di Alan Bennett, girati con i miei attori preferiti.
E poi ovviamente ogni venerdì sera c’è “Garderner’s World”, che lo sapete, è la luce dei miei occhi.
5° cosa – ognuno per sé
Clac clac clac: eravamo a tavola quando abbiamo sentito questo rumore provenire dalla scala a chiocciola che porta in terrazza e siamo esplosi di giubilo: Ninja aveva finalmente capito come usare la gattaiola – o comunque aveva smesso di averne paura.
Lo ripeto: non c’è soddisfazione più grande del rendersi indipendenti, e di vedere i tuoi protetti rendersi indipendenti.
Come quando ho visto mio figlio Federico a 23 anni nella sua prima vera casa, con la sua compagna e il loro cane.
Come quando ho visto mio figlio Pietro a 18 anni su un palco e ho capito che aveva trovato la sua strada ancora prima di diventare maggiorenne.
Come quando ho visto mio figlio Mario a 12 con un biglietto dell’autobus in mano e un sorriso doppio sulla faccia per l’eccitazione di andare a tennis da solo (ma soprattutto, non a piedi).
Da qui in poi, sarà in grado di raggiungere gli amici che stanno lontano.
Non vedo l’ora di non vederlo per ore.